Titolo: Educazione siberiana.
Autore: Nicolai Lilin.
Casa Editrice: Einaudi.
Pagine: 343.
Trama: Cosa significa nascere, crescere, diventare adulti in una terra di nessuno, in un posto che pare fuori dal mondo? Pochi forse hanno sentito nominare la Transnistria, regione dell'ex Urss autoproclamatasi indipendente nel 1990 ma non riconosciuta da nessuno Stato. In Transnistria, ai tempi di questa storia, la criminalità era talmente diffusa che un anno di servizio in polizia ne valeva cinque, proprio come in guerra. Nel quartiere Fiume Basso si viveva seguendo la tradizione siberiana e i ragazzi si facevano le ossa scontrandosi con gli "sbirri" o i minorenni delle altre bande. Lanciando molotov contro il distretto di polizia, magari: "Quando le vedevo attraversare il muro e sentivo le piccole esplosioni seguite dalle grida degli sbirri e dai primi segni di fumo nero che come fantastici draghi si alzavano in aria, mi veniva da piangere tanto ero felice". La scuola della strada voleva che presto dal coltello si passasse alla pistola. "Eravamo abituati a parlare di galera come altri ragazzini parlano del servizio militare o di cosa faranno da grandi". Ma l'apprendistato del male e del bene, per la comunità siberiana, è complesso, perché si tratta d'imparare a essere un ossimoro, cioè un "criminale onesto". Con uno stile intenso ed espressivo, anche in virtù di una buona ma non perfetta padronanza dell'italiano, a tratti spiazzante, con una sua dimensione etica, oppure decisamente comico, Nicolai Lilin racconta un mondo incredibile, tragico, dove la ferocia e l'altruismo convivono con naturalezza.
Chi mi conosce sa che volevo leggere questo romanzo da moltissimo tempo. Volevo leggerlo appena uscito, ma non mi sentivo pronta. Sentivo pareri contrastanti e persone che mi dicevano che si trattava di un romanzo crudo e difficile da digerire. Allora ho aspettato. Dopo eterne indecisioni, ho acquistato la mia copia ancora in primavera, ma non era ancora il momento.
Il momento è arrivato solo questo mese, ma la spinta me l'ha data l'incontro con Nicolai Lilin ad agosto perché, sì!, ho avuto la fortuna di incontrare l'autore e di assistere ad una sua conferenza.
Incontrarlo dal vivo è sempre stato un mio sogno. Non so per quale motivo perché, in realtà, i suoi libri non li avevo ancora letti, ma Lilin in quanto essere umano mi ha sempre incuriosita e attratta. Il sogno si è avverato e sentirlo raccontare della sua vita, delle sue esperienze, delle sue sofferenze, mi ha permesso di avere in mano la chiave di lettura giusta per Educazione siberiana, romanzo da sempre chiacchierato e discusso. Non starò a raccontare qui tutto quello di cui ha parlato nel corso della conferenza, vi basti sapere che io ho avuto la sensazione costante di avere davanti a me un uomo integro, con grandi valori e ideali, colto (avreste dovuto sentire come parlava di Bulgakov, Tolstoj e della Letteratura Russa in generale!) e in pace con se stesso, nonostante quello che nella vita ha passato e ha fatto. Insomma, un grande uomo che ha molto da dire e che molto può trasmettere a chi ha voglia di ascoltare.
Ma passiamo al romanzo. Educazione siberiana, come la maggior parte di voi saprà, è il primo capitolo di quella che è stata definita Trilogia siberiana (il secondo volume, Caduta libera, l'ho già recuperato, ma mi manca Il respiro del buio che sto cercando...) e da esso è stato tratto anche un film diretto da Gabriele Salvatores. Si tratta di una biografia romanzata (ma non troppo!) dello stesso Lilin dall'infanzia all'arruolamento non volontario nell'esercito russo. Questo primo volume è incentrato su educazione, valori e abitudini della comunità siberiana, con particolare attenzione al rapporto tra bambini e anziani, portatori e custodi di una cultura millenaria e complessa che vuole essere preservata e salvaguardata.
Tutto il romanzo è caratterizzato da un velo di tristezza, di perdita e di dolore. Si alza nitido tra le parole un grido silenzioso di incertezza e rammarico per quello che, nel tempo, la comunità siberiana ha perso o si è vista strappare. Lilin racconta la sua vita, ma anche la vita di un intero popolo, una vita basata su rituali, parole, gesti e situazioni che non hanno più modo e motivo di esistere ai nostri giorni.
Educazione siberiana non va letto solo come biografia, va letto come romanzo di formazione e romanzo di un popolo. Tutti gli episodi narrati possono destabilizzare il lettore per la violenza o la crudeltà, ma proprio per la loro difficile comprensione raccontano meglio di ogni altra cosa una realtà vera e così lontana dal nostro immaginario.
Arrivata a questo punto, con un finale non finale, non vedo l'ora di leggere anche i capitoli successivi di questa trilogia perché, dopo l'incontro con l'autore, so già cosa aspettarmi, ma non so in che misura.
Voi avete letto questa trilogia? Vi è piaciuta? Fatemi sapere, come sempre, le vostre impressioni. Alla prossima!