venerdì 29 aprile 2016

Le Beatrici, Stefano Benni.

Titolo: Le Beatrici.
Autore: Stefano Benni.
Casa Editrice: Feltrinelli.
Pagine: 92.

Trama: Otto monologhi al femminile. Una suora assatanata, una donna ansiosa e una donna in carriera, una vecchia bisbetica e una vecchia sognante, una giovane irrequieta, un'adolescente crudele e una donna-lupo. Un continuum di irose contumelie, invettive, spasmi amorosi, bamboleggiamenti, sproloqui, pomposo sentenziare, ammiccanti confidenze, vaneggiamenti sessuali, sussurri sognanti, impettite deliberazioni. Uno "spartito" di voci, un'opera unica, fra teatro e racconto. Una folgorazione. Tra un monologo e l'altro, sei poesie e due canzoni.



Non avevo mai letto Benni. O meglio. Avevo leggiucchiato qualcosa di suo moltissimi anni fa, ma senza convinzione, più per moda che per interesse. Non lo sentivo come un autore adatto alle mie corde, sebbene mi incuriosisca da sempre. Poi, alcune settimane fa, ho visto il video qui sotto di Cimdrp su Youtube e ho avuto una folgorazione. Volevo assolutamente leggere il libro dal quale era tratto quel monologo che mi aveva incuriosita e divertita. Così ho comprato il libro.


Il libro si legge tutto in pochissime ore, scorre che è una meraviglia e fa riflettere divertendo. Non credo ci sia bisogno di dilungarsi su argomentazioni a proposito dello stile di Benni e via dicendo, quindi non dirò nulla. Tanto lo conoscete e l'avete letto tutti, anche prima di me. 
Vi dico soltanto che dopo aver letto questa raccolta di monologhi mi è venuta voglia di provare altro di questo scrittore. Quindi, se avete consigli, fatevi avanti!

Questo libro è entrato tra i miei preferiti, ma non tra gli imperdibili (per ora!). Dico 'per ora' perché potrei anche rileggerlo e cambiare idea. Sicuramente lo regalerò se ne avrò l'occasione (un'altra copia, non la mia, si intende!) perché merita davvero.
Se lo avete letto lasciatemi un commento! Alla prossima.

martedì 26 aprile 2016

Presentazione #25: Stefano Mancini.

Salve lettori!
Eccomi qui anche oggi a presentarvi un autore e la sua opera. Come potete notare sbirciando la copertina qui sotto, il libro in questione non è esattamente il mio genere, ma come ben sapete io sono sempre contenta di ospitare qui sul blog generi diversi, anche per consentire a voi che mi seguite con affetto di scoprire lavori che possono interessarvi.

Il libro.

Un ragazzo in fuga da qualcosa che non doveva essere liberato. È l’inizio della fine. Quattro secoli dopo, il mondo è un ammasso purulento. Una pestilenza ha spazzato via quasi ogni forma di vita, e il gelo ha stretto nella sua morsa gli ultimi superstiti.
Quando la setta eretica della Mors Atra trafuga la più potente reliquia della Chiesa di Nergal, ultimo faro contro la decadenza, padre Oberon si ribella. E convoca Eckhard, devoto cavaliere della Fratellanza. Ispirato dalla fede, questi darà vita a uno spietato inseguimento sulle tracce della ladra Shree e del suo insolito compagno di viaggio, un eretico appartenente alla razza dei gha’unt.
Perché la reliquia va recuperata a ogni costo. O il suo terribile segreto trascinerà nel baratro la chiesa, condannando il mondo all'oblio.




L'autore.

Stefano Mancini, laureato in giornalismo è iscritto all'Ordine dei professionisti dal 2005, lavora come redattore presso un’importante testata nazionale ed è direttore dell’agenzia “Aragorn servizi editoriali”. 
Ha pubblicato l’acclamata trilogia high-fantasy composta dai romanzi Le paludi d’Athakah, Il figlio del drago e Il crepuscolo degli dei (Linee Infinite edizioni, 2013-2015), terza classificata al prestigioso Premio Cittadella 2016. I suoi altri libri sono: La spada dell’elfo (Runde Taarn edizioni, 2010) e Il labirinto degli inganni (AndreaOppureEditore, 2005).


Estratto da un'intervista all'autore.

Perché qualcuno dovrebbe leggere il tuo libro? 
Beh, il mio parere potrebbe essere di parte, ma trovo che sia una bellissima storia, con un’ambientazione molto particolare e affascinante, un ritmo serrato e dei personaggi molto ben caratterizzati. Penso sempre che la lettura sia anche evasione dalla realtà quotidiana: il mio nuovo romanzo, dunque, penso possa offrire ai lettori qualche ora di piacevole intrattenimento e perché no, anche trasmettere qualcosa. 

Che cosa c’è di innovativo e quali sono gli elementi di continuità con il genere o con la tradizione? 
Trovo questo romanzo fortemente innovativo, tanto che sarebbe, anche provandoci, difficile classificarlo in un genere specifico. È un po’ fantasy e un po’ distopico; un po’ storico e un po’ thriller. Ogni elemento, tuttavia, è fuso con gli altri in maniera inestricabile e funzionale, in modo che il risultato sia omogeneo e tutt'altro che confusionario. La commistione credo, anzi, che dia un notevole “quid” in più a tutto il libro. Il lettore che si avvicina a “Pestilentia” non si faccia spaventare dal trovarsi di fronte un libro originale, perché mi sento di assicurare che il risultato è valido sotto ogni punto di vista. 

Da che cosa è nata la storia? Quali sono state le fonti di ispirazione? 
La storia nasce da un’idea ben precisa, quella di raccontare un fantasy innovativo, con tinte gotiche e un po’ dark. Mi piaceva soprattutto l’idea di dargli un’ambientazione estremamente caratterizzata, una di quelle che entrasse nella pelle dei lettori e fosse vissuta quasi alla stregua di un vero e proprio personaggio. Poi, come spesso succede, il testo ha preso una sua strada e io non ho fatto altro che seguirla, inserendo via via nuovi elementi.  

Quali strategie hai adottato per promuovere il tuo libro e che tipo di strumenti hai usato – e usi – per proporlo all'attenzione dei tuoi potenziali lettori? 
Avendo ormai una certa esperienza in questo campo, di solito mi affido molto al web. Social network, siti internet e blog sono il canale migliore per farsi conoscere e per far conoscere i propri libri. Ed è quello che faccio, attraverso interviste, recensioni e segnalazioni, proprio come in questo caso. 

Tre persone da ringraziare. 
Sicuramente il mio editore Astro Edizioni per “Pestilentia”, nella persona del suo direttore editoriale Francesca Costantino. Poi Cristina Pace, che cura la mia pagina Facebook autore con grandissima capacità. E infine i miei lettori, che con il loro sostegno mi spingono a scrivere sempre di più.

mercoledì 20 aprile 2016

Una spola di filo blu, Anne Tyler.

Titolo: Una spola di filo blu.
Autore: Anne Tyler.
Casa Editrice: Guanda.
Pagine: 391.

Trama: "Era uno splendido pomeriggio tutto giallo e verde..." Sempre con queste parole Abby Whitshank inizia a raccontare di quel giorno, nel lontano luglio del 1959, in cui si innamorò di Red, sotto il grande portico di legno che occupa tutta la facciata della casa dove avrebbero cresciuto i loro quattro figli. La casa di famiglia, orgoglio del padre di Red, arrivato a Baltimora negli anni Venti per poi fare carriera come costruttore, ha visto avvicendarsi quattro generazioni di Whitshank e conserva tra le pareti l'eco delle loro storie. Perché ogni famiglia ha le sue storie, che la definiscono e che si tramandano sempre uguali, e i Whitshank sono - o sono convinti di essere - una famiglia speciale, di quelle che irradiano un'invidiabile sensazione di unità. Il loro è un legame indissolubile, fatto di tavolate domenicali, di vacanze tutti insieme da trent'anni nella stessa villa al mare, di piccole tradizioni introdotte da Abby per i bambini e trasmesse ai nipoti. Un legame fatto anche di segreti e mezze verità, di risentimenti stratificati per decenni, di invidie fraterne e aspettative disattese. Con quella capacità di raccontare i suoi personaggi mescolando affetto e ironia, profondità e delicatezza, Anne Tyler riesce in questo suo nuovo romanzo a renderci partecipi delle loro gioie e dei loro fallimenti, a farci ridere e commuovere, a restituire tutta la complessità emotiva della vita vera.


Mi sono approcciata ad Anne Tyler con questo romanzo (candidato al The Man Booker Prize 2015, se non erro). Non conoscevo precedentemente questa autrice. Quando ero a Plymouth ho visto molte volte il libro in libreria, ma non mi sono fidata (purtroppo!) a comprarlo perché mi sembrava troppo difficile. Con il senno di poi lo comprerei e lo divorerei, nonostante l'ostacolo della lingua. 
Avevo regalato questo libro a Natale alla mia mamma e, quando l'ha finito lei, me ne sono impossessata e l'ho letto. Bello bello. Un libro che merita sia per la narrativa che per la storia.

Come scrisse zio Lev "Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo."; ecco, quando ho iniziato il romanzo mi è tornato alla mente l'incipit di Anna Karenina. E credo che questa citazione ben si addica al romanzo.
Non starò a riassumere la storia e le vicende narrate perché molti di voi avranno già letto il libro e chi è un po' in ritardo come me non ha bisogno del mio riassunto, visto che la trama riportata sopra spiega benissimo le vicissitudini narrate. Mi limiterò a fare qualche considerazione in merito al romanzo per spiegarvi perché mi è piaciuto così tanto.
  1. La famiglia Whitshank è una famiglia normale, con i suoi segreti, i suoi problemi e i suoi bei momenti. La Tyler non ci racconta la saga di una famiglia perfetta e nemmeno quella di una famiglia sfortunata in partenza, ma ci parla di una famiglia che potrebbe essere la nostra. Il Lettore così si riconosce in almeno uno dei personaggi, in almeno una delle scene, in almeno una delle ambientazioni, e sorride compiaciuto; 
  2. La narrativa della Tyler è piacevole, scorrevole e allo stesso tempo ricercata. Le pagine scorrono veloci, senza intoppi, facendo crescere nel Lettore la curiosità per quello che avverrà successivamente;
  3. Come per un certo senso di pudore, la Tyler non ci svela i suoi personaggi fin dall'inizio, ma ce li racconta un po' alla volta, creando quel misto di inaspettato e scoperta che tiene incollati alle pagine;
  4. Con fare delicato e rispettoso, l'autrice porta il Lettore a scoprire i lati più intimi e nascosti della famiglia Whitshank, fino agli epiloghi più o meno inaspettati. La delicatezza con la quale le vicende vengono raccontate fanno entrare il Lettore in sintonia con la famiglia e, alla fine, ci si sente quasi parte del clan Whitshank;
  5. La narrazione su più livelli regala quell'ennesimo tocco in più al romanzo, che risulta così davvero interessante ed intrigante (nel senso che attira il Lettore e non permette di staccarsi dalle pagine).
Un romanzo super-consigliato quindi, almeno dal mio punto di vista. Si tratta di una lettura per nulla impegnativa, ma che regala puri momenti di piacere. 
Aspetto i vostri commenti e i vostri pareri, sia che abbiate letto il libro, sia che non lo abbiate letto. Alla prossima!

lunedì 18 aprile 2016

Gruppo di Lettura: Leggiamo Insieme i Classici Russi. Fase #3: UOVA FATALI.

Salve lettori!
Sono qui per introdurvi la terza e ultima (sigh!) fase del nostro gruppo di lettura. Le prime due fasi sono andate molto bene e la partecipazione ha superato ogni mia aspettativa. Introducendovi l'ultima nostra tappa sono un po' triste. In questi mesi il gruppo di lettura ha scandito il tempo e mi ha permesso di conoscere molti di voi e le vostre idee da lettori.

Questo romanzo breve di Michail Bulgakov è la storia tragicomica del professor Vladimir Ipat'evic Pérsikov, insigne scienziato, direttore dell'Istituto Zootecnico di Mosca, autorità indiscussa nel campo dei rettili e degli anfibi, che scopre un "raggio" dalle proprietà straordinarie che ne rende rapidissima e gigantesca la crescita; purtroppo, per l'errore di un burocrate ottuso e zelante, finirà per creare una generazione di orrendi mostri. "Uova fatali" si legge come un racconto di fantascienza, ma è anche una satira del comunismo degli anni della NEP, sfavillante di luci e intriso di ottusità, di chiusure, di entusiasmi ridicoli, di burocratismi insulsi e un ammonimento per quanto si profilava all'orizzonte della nuova URSS: la dittatura di Stalin.

Uova fatali (in russo: Роковые яйца) è un romanzo breve scritto da Michail Afanas'evič Bulgakov nel 1925.


Michail Afanas'evič Bulgakov (Kiev, 15 maggio 1891 – Mosca, 10 marzo 1940) è stato uno scrittore e drammaturgo russo della prima metà del XX secolo. È considerato uno dei maggiori romanzieri del Novecento. Molti suoi scritti sono stati pubblicati postumi.

Il racconto è breve, ma completamente diverso da quello che abbiamo letto fino ad oggi. Io personalmente adoro Bulgakov e i suoi lavori e, nonostante sia un genere particolare e satirico, ho sempre apprezzato la sua produzione. Non so quale edizione avete adottato. Io mi sono procurata una vecchia edizione Millelibri (Tascabili Bompiani), ma qualsiasi edizione va bene.
Inizialmente si era detto di iniziare questo racconto il 2 maggio, ma se mi date un cenno di assenso e va bene per tutti, direi di anticipare al 26 aprile l'inizio della terza fase. Come l'altra volta poi, una volta che tutti avremo concluso la lettura, ne parleremo insieme.

Siete pronti? Questa volta ci spostiamo a Mosca! Preparate il libro che a breve si parte!

giovedì 14 aprile 2016

Presentazione #24: Sabrina Biancu.

Salve lettori!
Tornano sul blog le presentazioni degli autori emergenti e delle loro opere. Oggi conosciamo insieme Sabrina Biancu e la sua raccolta di racconti, Il mondo dell'altrove.

Il libro.

Il mondo dell'altrove di Sabrina Biancu è edito da Marco Del Bucchia Editore. E' acquistabile sul sito della casa editrice.

Il testo è composto da cinque racconti, ognuno dei quali è un misto tra realtà e fantasia. 
Ogni storia, infatti, è in grado di trasportare il lettore in un altro mondo, un luogo magico in cui a partire dall’essere più piccolo e insignificante ognuno non solo può parlare ma fare cose incredibili, mai immaginate prima. 
Luoghi, fiori, animali, e stelle del cielo, ogni cosa è viva e insegna qualcosa d’importante, capace di far avvenire il tanto atteso cambiamento interiore o di destare da una realtà da cui si è intrappolati e non si riesce a uscire. 
La forza da cui attingeranno i protagonisti la troveranno dentro di loro, grazie a una grande fede sempre avuta ma a tratti affievolita a causa di eventi spiacevoli che li hanno portati a dubitare di se stessi, e ritrovata dopo che degli amici inaspettati li hanno aiutati a superare le difficoltà e a ritrovare la fiducia in loro e in qualcosa di più grande di che non li ha mai abbandonati. 
Ogni racconto però, oltre ad avere un forte insegnamento morale, può fare da stimolo per continuare a sognare chi ancora non ha perso il legame tra realtà e fantasia, e che usa l’immaginazione per spaziare nei luoghi interiori e della mente non accessibili a chi ha smesso di sognare e di stupirsi delle meraviglie della vita, e di quei mondi del cuore aperti a chi sa attraversarli ascoltando sempre se stessi. Per chi avesse perso questo contatto, invece, può fare da sprone per ritrovare la strada per un mondo magico, che esisterà sempre ma di cui a volte si perde la via. 
ogni storia viene un po’ da un altro mondo, un mondo che non è qui, è altrove. 
Il prologo e l’epilogo rappresentano due parti della stessa storia, una metafora che descrive l’animo umano, dapprima in tumulto, sconsolato e triste, pieno di problemi e insicurezze, che, nella seconda parte sboccia, grazie alla vicinanza delle persone che lo aiutano a credere in se stesso, a superare le difficoltà e a capire di avere uno scopo nella vita. Fa un viaggio introspettivo lungo e doloroso per arrivare ad essere felice e circondato da tanto amore da dare e ricevere. È come se ogni storia fosse una tappa di quel viaggio, in cui si cresce e si matura un po’ per volta per arrivare ad essere una persona meravigliosa, quella che si è sempre voluto essere ma che sembrava così lontana e non alla propria portata. 
In dettaglio ogni racconto ha qualcosa di diverso da insegnare: con Elia conosceremo l’animo buono di chi mette a disposizione la sua cucina senza chiedere nulla in cambio se non delle chiacchierate; Rosy, bambina viziata, grazie al suo anatroccolo si farà un esame di coscienza per capire cosa deve migliorare; Tea, dopo aver perso il figlio ha smesso di avere amici e di vivere, sarà l’animo buono di un bimbo di nome Pietro a farle capire da dove viene veramente il suo male; Desideria, ragazzina sempre allegra, aveva smesso di sorridere dopo un’epidemia che le aveva deturpato il viso, ma il suo amico André che le vuole molto bene le farà capire che ciò che conta di più è la bellezza interiore; la stellina Irina, infine, a differenza degli altri astri, ha uno scopo nella vita e aiuterà una giovane donna a capire che un amore non corrisposto si deve lasciar andare.

L'autrice.

Sabrina Biancu è nata il 03/12/1981 a Oristano e vive a Baressa. Interessata fin da piccola a comunicare emozioni ed aiutare gli altri, ha capito durante l'adolescenza che voleva fare la scrittrice, quando ha cominciato a partecipare a dei concorsi letterari. È passata dalle poesie ai romanzi, per capire infine che il suo vero interesse sono i racconti fantastici, per riuscire a comunicare che nulla è impossibile se lo si vuole davvero. Il lettore viene trasportato in luoghi magici, che esistono nei sogni, tra realtà e fantasia, che lo aiuteranno a capire se stesso tra personaggi veri e inventati che popolano i diversi racconti. Trae ispirazione dalla vita e dal mondo che la circonda: un bambino, un fiore, una nuvola, ma anche un pensiero che le attraversa la mente, uno stato d’animo positivo, il ricordo di una giornata; cerca di scrivere i racconti allo stesso modo in cui vive la vita, con passione e godendo di ogni momento, così le è più facile metterli nero su bianco e farli diventare un qualcosa che le appartiene. Al momento è iscritta al corso di laurea in scienze dell’educazione e formazione Le piacciono i bambini, gli animali e i libri. Al suo attivo ha due raccolte di racconti, Luce Azzurra (Boopen 2009) e Il mondo dell’altrove (Marco Del Bucchia Editore 2015).


Se ancora siete indecisi se leggere o meno questo libro, qui trovate le prime pagine. Concludo con una citazione che l'autrice ha pensato di regalarci.
Ogni problema ha una soluzione, solo alla morte non c’è rimedio. Se uno cade deve avere la forza di rialzarsi, se uno sbaglia deve capire i suoi errori e andare avanti con consapevolezza, se è in una brutta situazione deve rimboccarsi le maniche e dare una svolta alla sua vita e se non crede in sé deve cercare quella fiducia che gli permetterà di fare ciò che vuole. Non piangerti addosso, non serve a nulla, sii fiducioso, ottimista, credi in te e nelle tue capacità. Trova quello che più sai fare e metti in pratica la tua arte, prima per te stesso e poi per gli altri. Amati incondizionatamente, con tutto te stesso, con la forza che possiedi, e potrai pensare, provare e agire in tutto ciò che sai di riuscire. Tutto si può, basta volerlo. Utilizza tutto questo, destati da questo stato d’insicurezza e paura e realizza la vita che vuoi. Credici con tutto te stesso e con orgoglio e tenacia riuscirai a uscire dallo stato di negatività in cui sei entrato. Una cosa ti chiedo: abbi fiducia, o fede, o speranza, chiamala come vuoi ma abbine tanta, questa è la chiave per aspirare a una vita migliore.

domenica 10 aprile 2016

Pills of books. #10

-Prima o poi- disse Amanda, -sarai un uomo di mezza età e ripensando alla tua vita ti chiederai che ne è della tua famiglia. Quindi salterai su un treno e verrai qui, e quando arriverai a Baltimora troverai una tranquilla domenica pomeriggio con i raggi di sole polveroso che filtrano in diagonale dal lucernario di Penn Station. Uscirai in strada e non ci sarà nessuno ad aspettarti, ma va bene così: nessuno sapeva che saresti arrivato. Però è un po' strano trovarti lì tutto solo, mentre gli altri passeggeri abbracciano qualcuno, salgono in macchina e se ne vanno. Tu vai al parcheggio dei taxi e dai l'indirizzo al tassista. Attraversi la città e vedi tutti i posti familiari: le file di case, i peri da fiore, le donne sedute sui gradini davanti alla porta a guardare i figli che giocano. Poi il taxi svolta in Bounton Road e subito hai una sensazione strana. Sulla tua casa ci sono piccoli segni di abbandono che papà non tollererebbe mai: vernice scrostata e qualche assicella mancante alle persiane. Cemento di colori diversi sul vialetto, strisce di gomma inchiodate sui gradini della veranda, il genere di rattoppi fai da te che nostro padre ha sempre detestato. Impugni la maniglia della porta e la tiri verso di te con quella mossa speciale necessaria per sbloccare la levetta, ma ti accorgi che è chiusa a chiave. Suoni il campanello, ma è rotto. Chiami: "Mamma? Papà?" Nessuno risponde. Gridi: "C'è qualcuno?", ma nessuno si precipita di corsa, nessuno spalanca la porta e dice: "Sei tu! Che bello vederti! Perché non hai chiamato? Saremmo venuti a prenderti in stazione! Sei stanco? Hai fame? Vieni dentro!" Te ne stai lì per un po', ma non riesci a stabilire che cosa fare. Ti giri, guardi la strada e ti chiedi dove siano gli altri. "Magari Jeannie" dici. "O Amanda". Ma lo sai cosa, Denny? Non contare su di me, per farti entrare, perché io sono arrabbiata con te per come ci hai trattati in tutti questi anni, non solo gli ultimi, ma anche tutti quelli prima, perché hai saltato tutte le feste e le vacanze al mare e ti sei perso il trentesimo anniversario di mamma e papà e il trentacinquesimo e la figlia di Jeannie e non sei venuto al mio matrimonio e non hai nemmeno mandato un biglietto o chiamato per farmi gli auguri. Ma più di tutto, Denny, più di tutto: non ti perdonerò mai per aver consumato fino all'ultima goccia dell'attenzione dei nostri genitori e non avere lasciato niente per noi.-


Il mio caro "zio" Lev scrisse: "Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo." (Incipit Anna Karenina) Nessuna citazione potrebbe descrivere meglio quello che ho pensato ieri iniziando la lettura di questo romanzo di Anne Tyler. La famiglia Whitshank appare come una normale e benestante famiglia di Baltimora, ma sotto lo strato di perfezione ed esempio esiste una spessa crosta di problemi, risentimenti e parole dette-non-dette. Penso proprio che questo romanzo mi regalerà grandi emozioni.
Se lo avete letto lasciatemi un vostro commento, senza spoiler però!

giovedì 7 aprile 2016

Gruppo di Lettura: Leggiamo Insieme i Classici Russi. Fase #2: LA MORTE DI IVAN IL'IC, Lev Tolstoj. (recensione e commento)

Salve lettori!
Il tempo vola, le pagine scorrono sotto i nostri occhi e i libri vengono letti tutto d'un fiato. Sembra ieri quando mi sono messa davanti al computer per raccontarvi la prima fase del gruppo di lettura ed invece è già tempo di tirare le somme per la seconda fase.
Come l'altra volta non starò a spiegarvi in cosa consiste il gruppo di lettura, ma se ve lo siete perso fino ad oggi, potete recuperare tutte le informazioni in questo post

A marzo abbiamo letto La morte di Ivan Il'ič di Lev Tolstoj.

La morte di Ivan Il'ič (in russo Смерть Ивана Ильича, Smert' Ivana Il'iča), pubblicato per la prima volta nel 1886, è un racconto di Lev Nikolaevič Tolstoj. È una delle opere più celebrate di Tolstoj, influenzata dalla crisi spirituale dell'autore, che lo porterà a convertirsi al Cristianesimo. Tema centrale della storia è quello dell'uomo di fronte all'inevitabilità della morte.

La lettura è iniziata lunedì 21 marzo. Per una settimana circa, abbiamo condiviso sulla bacheca dell'evento le nostre impressioni a caldo, per poi passare al confronto vero e proprio.

In quanto mediatrice della discussione ho posto ai partecipanti una serie di domande per capire com'era andato l'incontro con "zio" Lev. Le risposte sono state varie e tutte uniche. Impressioni e pensieri individuali si sono fusi per formare una grande idea collettiva. 
In generale il romanzo è piaciuto ed ha riscosso più successo rispetto al racconto di Dostoevskij letto nella prima fase del gruppo di lettura. Chi si è avvicinato per la prima volta a zio Lev ne è rimasto positivamente affascinato. 
Riportare le risposte di tutti quanti sarebbe impossibile perché il post diventerebbe davvero lungo, quindi, per ogni domanda che ho posto, riporterò soltanto una o due risposte, quelle più particolari o complete, ma senza nulla togliere a tutte le altre (che potrete comunque leggere sulla bacheca dell'evento su Facebook), come del resto ho fatto l'altra volta.

Un paio di impressioni "a caldo" prima di procedere con le domande.

Va che è una bellezza! Tematica difficile, ma si legge in un batter d'occhi. (Cristina S.)

Si legge velocemente, sprona alla riflessione, emoziona. Ma soprattutto credo possa essere uno di quei libri in grado di scuotere la gente dal proprio torpore, un invito a comprendere ciò che è davvero importante, prima che sia troppo tardi. (Erika, La Spaccialibri)

Quale edizione avete adottato? Vi siete trovati bene?

Le edizioni scelte vanno dalla classica Mondadori a Feltrinelli, Rizzoli, Barbes Editori (illustrato). Tante edizioni, tante traduzioni, più spunti di confronto.

Come vi è sembrato lo stile di Tolstoj? 

Lo stile di Tolstoj mi ha colpita in maniera positiva. Ho letto con piacere le sue parole, scorrevoli, a tratti profonde a tratti narrative, una giusta alternanza che ha reso la lettura piacevole. (Martina, Un buon libro e una tazza di thè)

Quale frase vi è rimasta impressa e perché?

"Vivere, vivere come?" aveva chiesto la voce dell'anima. "Sì, vivere, come vivevo prima: bene, in modo piacevole". "Come vivevi prima, bene e in modo piacevole?" aveva chiesto la voce. E lui si era messo a cercare nella propria immaginazione i momenti migliori della sua vita piacevole. Ma, cosa strana, tutti questi momenti migliori della sua vita piacevole, adesso non gli sembravano affatto come gli erano sembrati allora. Tutti, tranne i primi ricordi dell'infanzia. Lì, nell'infanzia, c'era stato qualcosa di effettivamente piacevole, che si poteva rivivere, se fosse stato possibile tornare indietro. Ma quella persona che aveva sperimentato quei momenti piacevoli non c'era ormai più: era come il ricordo di qualcun altro. 
Credo che sia invece fondamentale godere appieno di ogni momento, la vita è solo una e indietro non si torna. Certo, ci saranno atteggiamenti o gesti compiuti che avremmo voluto non fare e questo stralcio mi ha fatto capire, ancora di più, quanto invece sia prezioso ogni istante! (Cristina S.)


Nessuna frase in particolare, ma molti momenti di consapevolezza. (Erika, La Spaccialibri)

C'è qualcosa che proprio non avete capito? Un passaggio, una frase, un comportamento del protagonista?

Nessun punto oscuro nella lettura di questo racconto di Tolstoj, ma moltissimi spunti di riflessione personale.

Leggerete ancora Tolstoj in futuro?

Non so se rileggerò altro di questo autore perché non mi ha colpito particolarmente il suo modo di scrivere, il racconto in sé non l'ho trovato troppo eccezionale però del personaggio di Ivan posso dire che l'ho trovato molto materialista ed egoista e a tratti antipatico e solo alla fine mi è sembrato umano. La prima cosa che ho pensato è stata: quanto è antipatica ed egoista la moglie, il marito è morto da poco e lei subito pensa a come spillare soldi allo stato. (Serena P.)

Come Dostoevskij, credo proprio di si, anche se anche per me è rimasto più nel cuore questo testo che "Notti Bianche" ed è mooolto strano per me, un'eterna romantica. (Cristina S.)

Cito "La morte e il sesso. Sono i due inesauribili motivi d'angoscia di Tolstoj eresiarca: tutto il resto era chiaro, lampante addirittura, il mondo intero si poteva ricostruire sulle fondamenta che Tolstoj aveva cominciato a scoprire alla fine degli anni Settanta - nei Vangeli, nelle teologie fondamentaliste delle sette russe, nei teorici statunitensi della non-violenza e nella rivoluzione economica immaginata da Henry George, statunitense anche lui. Tutto quadrava...". Cosa ve ne pare? Quale impressione vi hanno dato il racconto e il protagonista?

Il tema del sesso non è per me così presente all'interno del libro. La morte invece si, ovviamente, è la grande protagonista del racconto e il grande motivo d'angoscia del protagonista. Devo essere sincera però, mi sono rivista molto in quell'uomo spaventato, ho capito le sue paure, perché anche io sarei spaventata dalla morte, anche se magari per motivi diversi. (Martina, Un buon libro e una tazza di thè)

La morte è la grande protagonista, compagna fedele negli ultimi giorni. Il pensiero di abbandonare la vita senza aver vissuto, o peggio avendo sbagliato scelte di vita. Uno sprone a non perdere tempo, a vivere e a godere di ciò che si ha nell'essenza delle cose, andando oltre la superficialità di oggetti e suppellettili che resteranno un giorno dopo di noi con tutta la loro inutilità. (Erika, La Spaccialibri)

Qual è stata la prima cosa che avete pensato leggendo il racconto?

Ero incuriosita dalla presentazione dei personaggi, cercavo di comprendere dove volesse andare a parare e poi all'improvviso è stato tutto lampante. Come una giornata nuvolosa che alla fine decide cosa farne della pioggia che porta con sé. Mi è caduta addosso sempre più forte la consapevolezza del protagonista e assieme tutta la sua paura e frustrazione per l'impossibilità di tornare indietro. L'accettazione spaventata della fine imminente. (Erika, La Spaccialibri)

Un giudizio globale sul racconto e su Tolstoj.

Un monito per ciascuno. Un incoraggiamento alla vita. Quella vera. (Erika, La Spaccialibri)

Un bellissimo libro, una storia profonda e carica di spunti di riflessione! (Martina, Un buon libro e una tazza di thè)


Nota della mediatrice (che sarei io, ma fa più pomposo scrivere così!, concedetemelo). Quando ho scelto questo racconto di Tolstoj non sapevo quale sarebbe stata la reazione dei partecipanti al gruppo di lettura. Ero cosciente del fatto che il tema centrale fosse la morte, ma non potevo essere altrettanto certa che questo tema e lo stile di Tolstoj avrebbero riscosso un buon successo. Sono rimasta piacevolmente colpita nel constatare che non solo Tolstoj e il suo racconto erano stati apprezzati, ma che erano stati apprezzati di più di Dostoevskij. Non avrei potuto sperare in un risultato migliore. 
So che molte persone hanno letto con noi questo racconto, ma che, per motivi personali o timidezza, non hanno voluto/potuto condividere con noi le loro opinioni. Vorrei rassicurare queste persone e ricordare che la discussione rimane sempre aperta, anche quando una fase del gruppo di lettura è chiusa.
Detto questo, non mi resta che ringraziare tutti i partecipanti e tutte le ragazze che hanno condiviso le proprie opinioni con me e voi. Io vi do appuntamento al 2 maggio per la terza e ultima fase del gruppo di lettura.: leggeremo insieme Uova fatali di Bulgakov.

lunedì 4 aprile 2016

Preghiera per Černobyl', Svetlana Aleksievič.

Titolo: Preghiera per Černobyl'.
Autore: Svetlana Aleksievič.
Casa Editrice: Edizioni E/O.
Pagine: 300.

Trama: «Questo libro non parla di Černobyl’ in quanto tale, ma del suo mondo. Proprio di ciò che conosciamo meno. O quasi per niente. A interessarmi non era l’avvenimento in sé, vale a dire cosa era successo e per colpa di chi, bensì le impressioni, i sentimenti delle persone che hanno toccato con mano l’ignoto. Il mistero. Černobyl’ è un mistero che dobbiamo ancora risolvere... Questa è la ricostruzione non degli avvenimenti, ma dei sentimenti. Per tre anni ho viaggiato e fatto domande a persone di professioni, destini, generazioni e temperamenti diversi. Credenti e atei. Contadini e intellettuali. Černobyl’ è il principale contenuto del loro mondo. Esso ha avvelenato ogni cosa che hanno dentro, e anche attorno, e non solo l’acqua e la terra. Tutto il loro tempo. Questi uomini e queste donne sono stati i primi a vedere ciò che noi possiamo soltanto supporre... Più di una volta ho avuto l’impressione che in realtà io stessi annotando il futuro».


Volevo leggere questo libro da prima che l'autrice vincesse il Nobel per la Letteratura nel 2015, ma non ne avevo mai avuto l'occasione. Quando in libreria è uscita la nuova edizione di questo romanzo - reportage (quella con la fascetta gialla con scritto a caratteri cubitali "Nobel 2015", per intenderci) ero sempre più interessata a questo volume. Ogni volta che passavo in libreria mi sentivo sempre più attratta da questo libro e, un paio di settimane fa, complice un progetto - articolo che ho in mente per Parte del discorso, l'ho finalmente acquistato.

Svetlana Aleksievič, con questo lavoro, ci regala la possibilità di osservare una delle vicende che più hanno cambiato l'Europa e il suo assetto politico - economico da un punto di vista diverso e unico. Con gli occhi di chi ha vissuto il disastro nucleare, il Lettore può entrare a contatto con una realtà e un nuovo mondo che sono spesso dimenticati dietro le grandi facciate delle colpe e delle accuse. L'Aleksievič non indaga cause, colpe e colpevoli, ma le vite dei sopravvissuti e le loro emozioni, testimonianze storiche senza eguali nel caos generato da un disastro quale è stato quello di Černobyl'.
Non ho intenzione di dilungarmi perché voglio lasciar parlare le testimonianze e le voci di chi ha vissuto sulla propria pelle questo disastro. Io vi consiglio di leggerlo perché è una testimonianza unica e importante per guardare con occhio diverso un fatto che ha segnato tutta l'Europa e il mondo intero.
Ci sono state due catastrofi concomitanti. L’una sociale: è colato a picco sotto i nostri occhi l’enorme continente socialista; l’altra cosmica: Černobyl'. Due esplosioni globali. Ma la prima è più vicina, comprensibile. La gente si preoccupa delle cure d’ogni giorno, del quotidiano: con che soldi comprare, dove andare? Cosa credere? Sotto quali insegne tornare a schierarsi? Sono cose della vita di ognuno e di tutti. tutti invece vorrebbero dimenticare Černobyl'. All'inizio si sperava di vincerlo, ma, comprendendo la vanità di questi tentativi, non se ne è più parlato. La realtà sfugge alla comprensione. È difficile difendersi da ciò che non si conosce. Che l’umanità non conosce. Černobyl' ci ha trasferiti in un’altra epoca.Abbiamo di fronte a noi una realtà nuova per tutti.Ma di qualsiasi cosa parli l’uomo, nel contempo svela anche se stesso. Si è posto di nuovo il problema del senso da dare alla nostra vita. Chi siamo?La nostra storia è una storia di sofferenze. La sofferenza è il nostro culto. Il nostro rifugio. Ne siamo ipnotizzati. Ma io volevo porre anche altre questioni, sul senso della vita umana in generale, della nostra esistenza sulla Terra.Ho viaggiato, conversato, preso appunti. Queste donne, questi uomini sono stati i primi… a vedere ciò che noi possiamo soltanto supporre. Ciò che rimane comunque un mistero per tutti. ma saranno loro stessi a raccontarlo…Più di una volta ho avuto l’impressione che in realtà io stessi annotando il futuro. (Svetlana Aleksievic, introduzione)

All'epoca l’idea che avevo delle centrali nucleari era assolutamente idilliaca. A scuola, all'istituto ci avevano insegnato che erano delle favolose “fabbriche dove si produceva l’energia partendo da niente”, nelle quali le persone in camice bianco sedevano ai quadri di comando e premevano dei pulsanti. Černobyl' è saltata in aria su uno sfondo di assoluta impreparazione delle coscienze. Con in più l’assenza di qualsiasi informazione. In mezzo a montagne di documenti con l’indicazione “segretissimo”: “mantenere segrete le informazioni sull'incidente”, “mantenere segrete le informazioni sui risultati delle cure mediche”, “mantenere segrete le informazioni sul livello di irradiazione del personale che ha partecipato alla liquidazione”. Circolavano le voci più disparate: qualcuno aveva letto sui giornali, qualcuno aveva sentito, a qualcuno avevano detto… C’era anche chi ascoltava le radio occidentali, allora erano le uniche a dire quali compresse assumere e in che modo. Ma per lo più la gente pensava: in realtà i nostri nemici sono ben contenti, ma noi li deluderemo. Da noi è tutto a posto. E il 9 maggio i veterani sfileranno come sempre alla parata… Come poi si è saputo, perfino quelli che avevano spento l’incendio del reattore disponevano solo di notizie vaghe. Avevano detto loro: sembra che sia pericoloso prendere in mano la grafite… Sembra… (Zoja Danilovna Bruk, ispettore per la protezione della natura)

Ci affidavamo alla sorte, nel profondo dell’anima siamo tutti fatalisti, non farmacisti. E non razionalisti. La mentalità slava… Credevo nella mia buona stella. Ha – ha! Ed eccomi qua, invalido di seconda categoria… mi sono ammalato subito. Quella maledetta sindrome da raggi… E dire che prima di questo non avevo neanche la cartella clinica al poliambulatorio. Al diavolo! Non sono il solo… La mentalità… (Aleksandr Kudrjagin, liquidatore)

domenica 3 aprile 2016

Pills of books. #9

Ho mandato il racconto a una rivista. Mi hanno risposto che l amia non era un’opera letteraria, ma l’esposizione di un incubo notturno. Naturalmente è anche questione di scarso talento, ma secondo me c’è dell’altro. E ho cominciato a chiedermi come mai Cernobyl interessi così poco i nostri scrittori, i quali continuano a scrivere sulla guerra, i lager, ma di questo tacciono. Pensate che sia un caso? Se noi avessimo vinto Cernobyl, se ne parlerebbe e scriverebbe di più. O se l’avessimo almeno compreso. E invece non sappiamo che senso trarre da tutto questo orrore. Non ne siamo capaci. Perché non è commisurabile né alla nostra esperienza di uomini né al nostro tempo umano. E allora, cos’è meglio: ricordare o dimenticare? (Evgenij Aleksandrovic Brovkin, docente dell’Università statale di Gomel’)


A 30 anni dal disastro nucleare che ha cambiato l'Europa, la sua politica e la sua gente, ho pensato di leggere questo libro - reportage di Svetlana Aleksievic, premio Nobel per la Letteratura 2015. Questa lettura mi permette di fare ancor più luce su un fatto storico che mi è sempre stato a cuore per svariati motivi e di informarmi bene per un prossimo articolo che scriverò per Parte del Discorso proprio in occasione del trentennale di questo disastro umano e ambientale. E' un libro educativo e doloroso, un canto popolare di disperazione, dolore e rabbia. Il quadro che il Lettore delinea è tra i più agghiaccianti e allo stesso tempo incredibili. Non è adatto per i deboli di cuore, ma ve lo consiglio.

venerdì 1 aprile 2016

Snapshots #12.

Salve lettori!
Dopo alcune settimane di pausa forzata a causa del blocco-del-blogger (non ne avete mai sentito parlare?! Beh, è un disturbo che colpisce i blogger e consiste nel trauma della schermata bianca...tante cose da dire, ma incapacità profonda di scriverne) torno finalmente sul blog, decisa a riprendere in mano progetti e rubriche.
A breve ci sarà il post riassuntivo della seconda fase del nostro Gruppo di Lettura e riprenderanno una o due rubriche regolarmente. Una nuova idea poi mi frulla in testa, ma ci vado cauta perché non vorrei bruciarmi l'idea avendo troppa fretta di iniziare.

Una grossa novità delle ultime settimane è l'aver concluso il mio periodo lavorativo ed essere tornata a tutti gli effetti una studentessa universitaria. L'esperienza con Mr Scrooge mi ha aperto gli occhi sul mondo lavorativo e sulle sue dinamiche. E' stata un'esperienza importante, ma non mi dispiace poi così tanto che sia finita, o meglio, mi dispiace di non avere un lavoro al momento, di non avere l'impegno di uscire e fare, ma sono contenta di non lavorare più lì. Ora mi prenderò il tempo che serve per dare gli ultimi esami e concludere, finalmente!, questo benedetto corso di laurea che mi fa dannare da anni. 

Ora che vi ho raccontato un po' di avventure e disavventure, è tempo di passare ai preferiti di questo mese.

Un libro.

Il libro di marzo è, senza incertezze, La chimera di Sebastiano Vassalli. Ne ho già parlato ampiamente su Facebook, Instagram e nella recensione qui sul blog. E' difficile parlare di un capolavoro come questo, un capolavoro indiscusso, senza cadere nel banale e nel già detto, ma nel mio piccolo c'ho provato.

Ho aspettato tanto prima di leggere questo libro, ma ora è tra i miei Imperdibili
Voi l'avete mai letto? Se sì, lasciatemi un commento, un ricordo, una citazione, perché mi farebbe immensamente piacere. Io di solito non leggo autori italiani, un po' per abitudine, un po' per noia e un po' per timore, ma Vassalli è stato una piacevolissima eccezione.

Una copertina.

Più che per la copertina, ho scelto Una famiglia decaduta di Nikolaj Leskov, edito da Fazi, perché lo vorrei proprio leggere. Magari, mettendolo qui in bella vista, il messaggio non proprio nascosto "Lo voglio! Lo voglio! Lo voglio!" arriverà alle orecchie di qualcuno che me lo regalerà...
Ah!, la speranza...

Comunque anche la copertina in sé non mi dispiace. Stile Fazi. Stile simil-antico. Stile F (avete presente no?, quella rivista femminile che in copertina ha, ogni settimana, la faccia photoshoppata della celebrity-X?!). 

Un film.

Anche questo mese il film preferito è Brooklyn. Ve lo avevo già consigliato quando ero rientrata dall'Inghilterra e avevo anche scritto un articolo per Parte del Discorso. La scorsa settimana è uscito nelle sale italiane ed ho accompagnato mia madre a vederlo, le avevo promesso che qualora fosse uscito in Italia saremmo andate a vederlo, e così è stato.

Beh, sapete una cosa? Mi è piaciuto tantissimo, di più della prima volta (la lingua originale non mi aveva permesso di cogliere tutte le mille sfumature, ma ne avevo colte solo un settanta-ottanta per cento). Sono uscita dal cinema con una lacrimuccia che solcava il mio viso, di nuovo!, e la voglia matta di rivederlo ancora.

Una canzone.

Dovrei decidermi a cambiare questa categoria. Ogni mese è più difficile sceglierne una sola visto che ascolto sempre la radio e di canzoni belle ce ne sono parecchie. Anche a marzo le canzoni belle sono state tante, ma ho scelto di proporvi questa che, nonostante non possa essere ammessa nell'Olimpo delle canzoni Belle, sì proprio quelle con la B maiuscola, mi piace per alcune parti del testo. Se voi avete una canzone preferita di marzo non esitate a suggerirmela!