martedì 14 luglio 2015

Bianco, Marco Missiroli.

Titolo: Bianco.
Autore: Marco Missiroli.
Casa Editrice: Guanda.
Pagine: 225.

Trama: La vita può cambiare, all'improvviso. Può stupirci e riscattare un passato che il destino ci ha costretto a vivere senza appello. Lo fa solo attraverso la forza umana più grande: l'amore. È proprio l'amore per la moglie che non c'è più a guidare il vecchio Moses. Anche nel tempo in cui l'esistenza lo mette di fronte alle colpe di un'intera vita, giurata all'odio contro il diverso. Quel diverso che ha la pelle nera e che lui ha dovuto sacrificare nel nome di un padre, della sua gente e di una missione da condurre, nella terra di un dio senza perdono. È un amore che affonda nel ricordo e che porta Moses a rivivere le tappe di un'infanzia segnata da un primo incontro: quello con l'insolente, un ragazzo suo coetaneo, forse un "dio nero che non si prende". Lì Moses capisce che "odio e gratitudine possono essere unica cosa", lì nasce il conflitto che non lo abbandonerà più. Fino alla notte di una vecchiaia ormai compiuta. In quella notte tutto cambia. Arrivano dei nuovi vicini di casa, e una donna "con l'oro nelle mani e la danza sulla pelle" che custodisce un segreto: il segreto che spingerà Moses ad affrontare finalmente il passato. È grazie a questo secondo incontro che gli occhi e il cuore di Moses vedranno ciò che non hanno mai voluto vedere. Solo così l'amore per quella moglie scomparsa diventerà l'unica forza per arrivare alla verità.


Ennesimo libro comprato a scatola chiusa al negozietto dell'usato. Ennesimo tentativo di avvicinamento alla narrativa contemporanea italiana. Ennesima mezza delusione con uno scrittore italiano. 
L'idea del libro è buona: un vecchio, appartenuto da sempre al KKK, in vecchiaia si redime e cerca addirittura di salvare i suoi nuovi vicini neri dalla furia dell'intero vicinato. Però non è un'idea nuova. 
Il tema del razzismo è al centro di tutto il romanzo. Lo stile è fluido, anche se non ho molto apprezzato la frammentazione del flashback tra un capitolo e l'altro. Praticamente si arriva alla fine prima di capire la storia e le colpe di Moses. Il finale poi, assurdo! Ci sono rimasta davvero male.

America del Sud. Anno imprecisato (io credo possa essere ambientato negli anni Settanta o Ottanta). Tranquillo quartiere di bianchi vicino ad un fiume. Una baraccopoli di neri vicino al fiume. Bianchi che odiano i neri come negli anni '50. Neri perseguitati e maltrattati. A disturbare questa "quadro idilliaco" (a detta di Moses e dei suoi vicini) arriva una famiglia molto particolare: marito e moglie, lui nero, lei bianca, con figlio e suocera ("un donnone nero") a seguito. Nel quartiere lo scompiglio è immediato. E' necessario cacciare questa famiglia-del-peccato. 
Iniziano così una serie di vicende che porteranno i bianchi a subire gli stessi trattamenti che per anni avevano riservato ai neri e Moses a redimersi. Si scopre infatti grazie al frammentario flashback che Moses nutre da sempre dubbi seri sul comportamento dei bianchi nei confronti dei neri, nonostante anche lui si sia macchiato le mani con atti tremendi.
Ad aprire gli occhi completamente a Moses ci pensa Miss Betty, la suocera, donna di colore malata, ma piena di spirito, donna del fiume che vuole tornare al fiume. Tra i due si instaura una specie di amicizia che porterà Moses a compiere l'atto finale di redenzione (che io onestamente non ho capito).

Una storia di razzismo. Una storia di fantasia che può adattarsi a chissà quante altre storie vere. Un protagonista, Moses, vecchio e insicuro, che un po' mi ha ricordato Carl Fredricksen (il vecchietto di Up). Un bambino, Martin, vittima della crudeltà e della stupidità dei bianchi (la scena delle ferite del bambino mi ha fatto star male). Una mentalità bigotta e stupida che, troppo spesso, ancora oggi appartiene a molti. La redenzione del vecchio e la pace con il passato.
Gli ingredienti per un buon libro ci sono tutti. Lo stile non mi è piaciuto molto, ma quello è del tutto personale. Non so nemmeno se ho iniziato ad approcciarmi all'autore con il libro giusto.
Nonostante alcune scene "difficili", potrebbe essere una buona lettura anche per ragazzi. Consigliato, nonostante tutto.

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