In via Gorochovaja, in una di quelle grandi case, la cui popolazione sarebbe stata sufficiente per tutta una città di provincia, se ne stava di mattina a letto nel suo appartamento Ilja Iljič Oblomov.Era questi un uomo di trentadue-trentatré anni, di media statura, di aspetto piacevole, con occhi grigio-scuri, ma nei tratti del volto privo di qualsiasi idea determinata, di qualsiasi concentrazione. Il pensiero passeggiava come un libero uccello sul suo viso, svolazzava negli occhi, si posava sulle labbra semiaperte, si nascondeva nelle rughe della fronte, poi scompariva, e allora su tutto il volto si accendeva l'uniforme colore dell'indifferenza. Dal volto l'indifferenza passava alle pose di tutto il corpo, perfino alle pieghe della veste da camera.
Oblomov vorrebbe vivere in pace e costante riposo (da qui il termine oblomovismo), senza far niente e senza preoccupazioni. Fin da subito sembra di leggere di un malato grave di bamboccionesimo-acuto che non vuole crescere e prendersi le proprie responsabilità. Un uomo incapace di vivere e insofferente nei confronti della vita. Un modello sbagliato e paradossale. Oblomov è il capostipite di tutti quei fannulloni e nullafacenti che hanno bisogno soltanto di una colossale scrollata per svegliarsi e cominciare a vivere davvero. Nel leggere la prima parte di questo romanzo tutti possiamo associare la figura di Oblomov a qualcuno che conosciamo, perché l'oblomovismo non appartiene soltanto alla Pietroburgo dell'epoca fiorente, ma appartiene anche al presente.
Sono affezionata all'edizione BUR, ma mi è piaciuto moltissimo a suo tempo!
RispondiEliminaA me hanno regalato l'edizione Einaudi per Natale. E non mi sembra affatto male...
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